Domenico Mattarocci, figura eminente del panorama giuridico italiano del XIX secolo, si distingue per la sua profonda conoscenza e riflessione sul diritto, accompagnata da una solida base filosofica. Magistrato di grande valore, Mattarocci non si limitò alla mera applicazione del diritto positivo, ma cercò di esplorarne le basi filosofiche, collegandolo ad aspetti più ampi della condizione umana e delle sue manifestazioni estetiche. Tra le sue opere più significative vi è il trattato giuridico-filosofico “Dello sfregio – Dei rapporti del bello sensibile al diritto positivo” (1856), in cui Mattarocci offre un’analisi profonda del rapporto tra il diritto e il sentimento estetico, con un particolare focus sul concetto di “sfregio” e sulla sua rilevanza giuridica.
Il Bello Sensibile e il Diritto Positivo
Il cuore del pensiero di Mattarocci si ritrova nella sua analisi del “bello sensibile”, concetto che, secondo il magistrato, ha una connessione profonda con il diritto positivo. Egli parte da un tema centrale della filosofia di Immanuel Kant, ovvero il Sentimento del Bello, elemento cardine nella formazione e nello sviluppo della sensibilità umana. Secondo Mattarocci, il sentimento estetico non è solo un’esperienza personale e soggettiva, ma è anche una forza che civilizza e incivilisce l’uomo, contribuendo alla sua crescita morale e sociale. Per questo motivo, la legge deve tener conto di tale sentimento, promuovendolo e proteggendolo.
Mattarocci spiega che il diritto positivo deve avere come uno dei suoi obiettivi quello di favorire il sentimento del bello, poiché questo rappresenta un elemento fondamentale per la costruzione di una società umana e civile. Nella vita umana, infatti, il bello e la sua percezione sono strettamente collegati alla capacità di convivenza armoniosa e allo sviluppo di una sensibilità etica condivisa. Le leggi che regolano i rapporti tra gli individui dovrebbero dunque tener conto di questo legame, non solo per tutelare i diritti materiali, ma anche per preservare i valori estetici e morali che permettono alla società di evolvere.
Lo Sfregio e la Sua Rilevanza Giuridica
Uno degli aspetti più originali e pionieristici dell’opera di Mattarocci è la sua trattazione dello sfregio, inteso non solo come danno fisico o materiale, ma anche come offesa al sentimento del bello. Egli affronta il tema della pena associata a tale reato, suggerendo che lo sfregio, in quanto offesa non solo fisica ma anche estetica, debba essere trattato con grande attenzione dal punto di vista giuridico. La sua riflessione si concentra sulla quantità della pena da infliggere a chi commette uno sfregio, sottolineando come essa debba essere proporzionata non solo al danno materiale arrecato, ma anche all’offesa che viene inflitta alla sensibilità estetica e al decoro della persona.
Per Mattarocci, lo sfregio rappresenta una violazione grave, poiché colpisce uno degli aspetti fondamentali dell’essere umano: la bellezza. Secondo il magistrato, la bellezza, in senso kantiano, non è solo una qualità superficiale, ma è legata a concetti di ordine, armonia e dignità, che sono valori centrali per una vita umana piena e realizzata. Di conseguenza, la legge deve proteggere questi valori, imponendo pene adeguate per chi li infrange, e promuovere un’educazione estetica e morale che possa prevenire tali violazioni.
Il Bello e la Creazione della Legge
Un altro aspetto di grande interesse nell’opera di Mattarocci è la sua riflessione sul ruolo del bello nella creazione delle leggi. Il magistrato afferma che il sentimento del bello non è solo qualcosa che deve essere protetto dalle leggi, ma è anche una delle ragioni stesse della loro esistenza. La legge, secondo Mattarocci, nasce dal bisogno umano di creare ordine e armonia, e questo bisogno è strettamente collegato al sentimento del bello. Il processo legislativo deve quindi tener conto della sensibilità estetica della società, creando norme che riflettano non solo i principi di giustizia, ma anche quelli di bellezza e armonia.
Questo concetto, innovativo per l’epoca, pone Mattarocci come uno dei pensatori più avanzati del suo tempo, capace di vedere nel diritto non solo uno strumento di controllo sociale, ma anche un mezzo per elevare la condizione umana. La bellezza, per Mattarocci, è una forza che conserva e sviluppa l’uomo, ed è quindi naturale che le leggi debbano promuoverla e tutelarla, soprattutto nelle sue manifestazioni più vulnerabili, come nel caso dello sfregio.
L’opera giuridica di Domenico Mattarocci, in particolare il suo trattato “Dello sfregio – Dei rapporti del bello sensibile al diritto positivo”, rappresenta un contributo unico e visionario nel campo della filosofia del diritto. Il magistrato dimostra una capacità eccezionale di coniugare la riflessione estetica con quella giuridica, proponendo un’idea del diritto che va oltre la mera regolamentazione dei comportamenti umani, per diventare uno strumento di crescita morale e civile.
L’analisi del concetto di sfregio, e della pena ad esso associata, evidenzia l’importanza di considerare la bellezza come un valore centrale nella vita umana e nelle strutture normative che la regolano. Il pensiero di Mattarocci rimane, ancora oggi, un esempio di come il diritto possa essere inteso non solo come una scienza, ma anche come un’arte al servizio dell’umanità.